Il Direttore Generale di Confindustria, Francesca Mariotti, è intervenuta in audizione presso la Commissione Finanze della Camera dei Deputati sul decreto-legge 16 febbraio 2023, n. 11, recante misure urgenti in materia di cessione dei crediti.
Il DL n. 11, varato lo scorso 16 febbraio, apporta modifiche dirompenti alla disciplina dei cc.dd. bonus edilizi.
La vicenda del superbonus è emblematica di come l’apprezzabile intenzione originale di creare uno shock nell’economia colpita dagli effetti negativi della pandemia da Covid-19, possa naufragare se non supportata da una avveduta quantificazione dei costi di copertura e da una precisa delimitazione dell’ambito di intervento.
Una vicenda tormentata insomma, di cui non intravediamo la fine. Perché è evidente che anche i recenti interventi necessiteranno, a loro volta, di ennesimi correttivi.
L’urgenza dell’intervento normativo è motivata da una preoccupazione per la dimensione economica assunta dai bonus. Infatti, alla data del 31 dicembre 2022, i crediti di imposta “generati” dalle opzioni di sconto e cessione ammontano già a circa 105 miliardi di euro e si prefigura un loro possibile incremento a 120 miliardi per effetto del termine più ampio (31 marzo 2023) concesso ai contribuenti per comunicare le citate opzioni in relazione alle spese sostenute nel 2022.
I dati vanno, però, esaminati nella loro complessità: questi crediti d’imposta hanno agevolato lavori che in larga parte non sarebbero stati eseguiti e hanno portato nelle casse pubbliche entrate fiscali derivanti da queste attività (quelli sui redditi degli occupati del settore, le imposte indirette su materiali e prodotti, ecc.). I bonus edilizi, infatti, hanno favorito la crescita molto sostenuta del settore delle costruzioni che si è osservata negli ultimi anni in Italia: gli investimenti del settore (a prezzi costanti) si trovano a valori del 25% superiori al periodo pre-Covid ma il valore aggiunto del settore rimane ancora del 26% sotto i livelli del 2007. Questa espansione ha avuto risvolti positivi in termini di occupazione nel settore edilizio e sull’occupazione in generale: +213mila occupati in più nel 3° trimestre 2022 rispetto a fine 2019. Non dobbiamo trascurare poi gli effetti sulla filiera: nel 2021 e 2022 l’espansione dell’edilizia ha fatto da traino all’attività di diversi settori dell’industria italiana.
Vanno chiaramente considerati gli orientamenti delle autorità statistiche (Eurostat e, conseguentemente, Istat) rispetto alle modalità di registrazione nei conti pubblici di questi incentivi.
L’aver accordato ampia cedibilità ai crediti di imposta li ha resi asset scambiabili, con una relativa “quasi certezza” di utilizzo e pagamento da parte dello Stato. A fronte di questa considerazione, le specifiche di Eurostat portano a considerarli crediti “payable” (esigibili), a meno che non sia provato che una quantità non trascurabile possa essere sprecata/inutilizzata.
I crediti “payable” devono essere contabilizzati come spese nel Bilancio dello Stato per il loro intero ammontare nel momento in cui sorgono: sostanzialmente man mano che i contribuenti comunicano all’Agenzia delle Entrate l’esercizio dell’opzione che li genera, invece che essere ripartiti lungo l’arco temporale più ampio previsto per le detrazioni.
Queste considerazioni sono imprescindibili, ma non possono validare le modalità con cui è stato attuato il repentino blocco delle operazioni di sconto in fattura e cessione.
Infatti, far venir meno in poche ore una disciplina – già in parte depotenziata nelle aliquote agevolative e su cui facevano affidamento numerose famiglie, prima ancora che numerose imprese – non è una buona prassi.
Eliminare tout court – e senza un ragionevole spazio transitorio – le forme di utilizzo alternative alle detrazioni ha minato l’affidamento, la capacità di programmazione e lo spazio di investimento di tutti gli operatori coinvolti.
Per questo abbiamo in varie occasioni, anche in questi giorni, ribadito la necessità di un preventivo confronto con parti sociali e imprese: la lunga e travagliata storia di questi bonus avrebbe consentito, da tempo, l’avvio di un tavolo tecnico per calibrare i pur necessari correttivi, con le esigenze di famiglie e imprese.
Ora, quindi, serve far fronte all’emergenza, valutando, in seguito, di calibrare diversamente gli incentivi circoscrivendone l’ambito di azione.
Innanzitutto, è urgente agire sul regime transitorio, con la salvaguardia degli interventi in procinto di essere avviati, per i quali già sono stati sostenuti costi e presi impegni e che si sarebbero formalizzati nei giorni immediatamente successivi alla pubblicazione del DL, nonché per quelli che risultino particolarmente “meritevoli” per le particolari finalità o per i contesti peculiari in cui si collocano.
Nello specifico, occorre tutelare i soggetti che, in piena buona fede, alla data del DL, avevano già avviato l’iter dei lavori.
Sarebbe ragionevole prevedere, in sede di conversione in legge del DL, una modifica normativa volta a confermare la previgente disciplina per tutte le cessioni per le quali, entro 15 o 30 giorni dalla data di conversione in legge del decreto in commento, risulti presentata la CILA o la richiesta di permesso di costruire.
La seconda urgenza è quella di garantire lo smaltimento (tramite cessioni) dell’ampio stock di crediti già maturati, il cui ammontare è stimato in circa 19 miliardi di euro.
Il settore manifatturiero rappresentato da Confindustria dà ampia disponibilità a fare la propria parte, tramite piattaforme affidabili e certificate, nelle operazioni di acquisto di crediti delle imprese fornitrici prive di adeguata capienza fiscale. Si tratterebbe di un intervento significativo al fine di mantenere l’operatività del settore edilizio e della connessa filiera, mettendo a disposizione dell’intero sistema produttivo la liquidità disponibile.
Chiusa la fase emergenziale, laddove, , si dovessero intravedere margini per consentire una qualche forma di circolazione delle agevolazioni in oggetto – oggi sospesa – si potrebbe valutare di limitarne l’operatività ad alcuni ambiti precisi.
Un più ampio progetto di revisione degli incentivi dovrà essere valutato anche nel contesto degli obiettivi di decarbonizzazione ed efficienza energetica del settore immobiliare.
Tali obiettivi ci impongono di raddoppiare (+75%) i risparmi di energia attesi nel periodo 2021-2023 rispetto al periodo 2014-2020 grazie alle misure fiscali. L’Italia, infatti, ha 12 milioni di edifici pari a 32 milioni di abitazioni, il 60% delle quali ha oltre 45 anni.
È indispensabile disegnare sin d’ora una nuova strategia di medio-lungo periodo, che faccia leva sulle risorse, sia in termini di capitali che di competenze, dell’intera filiera dell’investimento immobiliare, stabilendo misure di sostegno che prevedano aliquote in grado di dare segnali di prezzo al mercato e, allo stesso tempo, meccanismi di sconto in fattura e cessione del credito per consentire la più ampia fruizione soprattutto per i soggetti con meno disponibilità finanziaria.
Si tratta di avviare una strategia che sia sostenibile per il bilancio pubblico e quindi stabile e duratura per accompagnare in modo graduale e costante la transizione green.
Si potrebbe sfruttare questa occasione per definire una road map per i lavori finalizzati a tali obiettivi, distribuendoli in un arco temporale definito (e non prorogabile), con controlli rigorosi sulle cessioni (anche tramite certificatori esterni) per dare agli operatori un sistema normativo certo e stabile, in modo da pianificare i loro investimenti.
A questo proposito, Confindustria ritiene che, una volta chiusa questa fase di urgenza, sia corretto trovare il giusto contesto per analizzare, con oggettività, il reale impatto delle misure finora poste in campo sull’ammodernamento complessivo dello stock immobiliare italiano, sulla sicurezza antisismica e sull’efficientamento energetico.