Pubblichiamo estratti dall’intervista di Luigi Nicolais pubblicata sul Mattino del 7 febbraio 2021
La buona notizia è che in tempi di Recovery Plan sembra crescere l’interesse delle piccole e medie imprese napoletane per l’innovazione digitale, asset strategico dei fondi europei del Next Generation Eu. Ne parliamo con Luigi Nicolais, scienziato, già ministro e presidente del Cnr, nella sua veste di presidente del Campania Digital Innovation Hub, l’organismo istituito dall’Unione Industriali per promuovere la rivoluzione tecnologica nel sistema delle imprese in sinergia con le università della regione.
Crisi di governo a parte, i fondi europei per l’innovazione digitale sembrano un’occasione irripetibile perle pmi: ma fino a che punto si riuscirà ad intercettarli?
«Il Dih nacque sulla scia della legge su Industria 4.0 promossa dall’allora ministro Carlo Calenda. Si puntò subito alle pmi perché più lente a recepire il cambiamento tecnologico, a mettere a sistema i propri dati, a coltivare insomma il proprio piccolo orticello, per così dire. In Campania abbiamo chiesto e ottenuto dalle grandi imprese di aprire i loro laboratori, le loro strutture di ricerca per rendere migliori le prestazioni dei loro sub fornitori, cioè le pmi della filiera. Leonardo, ad esempio, ha dato loro una forte spinta ad innovarsi per soddisfare sempre meglio le esigenze del contractor. Lo stesso sta facendo adesso Hitachi, altre si stanno interessando al nostro network».
E qual è stata la risposta? Le pmi hanno capito che dovevano accettare questi input?
«Assolutamente sì. Hanno capito che dovevano fare questo salto, anche per la loro stessa sopravvivenza. Modificare un progetto, discuterne attraverso il nostro cloud di come procedere e così via: e la risposta è stata importante. Solo nel gruppo Leonardo sono state coinvolte circa 40 aziende, e non è numero trascurabile. Il sub fornitore si sta rendendo conto che dalla conoscenza diretta delle più importanti esperienze industriali del territorio si aprono nuovi margini di mercato e di qualità della produzione, diventando anche partner tecnologici e superando pigrizie ataviche. Come la paura che mettendo i propri dati nel cloud qualcuno potrebbe copiarli. Cosa impossibile perché noi garantiamo una protezione di cyber security altissima».
Quale sarà il prossimo step del Dih?
«Abbiamo partecipato ad un bando per diventare un European digital innovation hub, entrare in una rete che permetterà a tutta l’Europa di essere collegata virtualmente. Il bando era sull’intelligenza artificiale, un campo di attività e ricerca molto avanzato in Campania, che può contare su una manodopera sempre più competente. E questo non vuol dire che la macchina sostituirà l’uomo: l’uomo, la persona sarà assunta perché dovrà sempre usare il cervello. Industria 4.0 è una rivoluzione principalmente sociale perché c’è sempre l’uomo al centro».